La lotta al CAAT non si ferma: parte la campagna di solidarietà ai facchini!

primo sciopero caatIl Caat, il Centro Agro Alimentare di Torino, è un luogo dove ormai da tempo i lavoratori vivono in una condizione di continuo sfruttamento, grazie ad una gestione di piccole e grandi cooperative che fanno capo a padroni e padroncini, dove il lavoro nero è una costante quasi normalizzata.
Da mesi i facchini del Caat stanno provando a cambiare questa situazione, ma i numerosi tavoli di trattativa che hanno visto gli uni contro gli altri gli stessi padroni delle cooperative tra chi vorrebbe firmare un contratto unico per tutti i lavoratori e chi invece si oppone, non hanno finora prodotto risultati.

Ad oggi, c’è un 40% delle cooperative, le più grandi dal punto di vista dei profitti e delle persone impiegate, che firmerebbero l’accordo. Il restante 60%, fatto di cooperative più piccole, rimane fermo sulla decisione di non firmare. In questo gioco, che grava solo sulle spalle dei facchini, sono coinvolti anche i grossisti. Infatti le cooperative più piccole sarebbero anche disposte a firmare l’accordo, a patto di essere pagate di più dai grossisti che chiaramente si oppongono. Si è così instaurata una vera e propria guerra tra cooperative grandi e piccole, in cui le prime vorrebbero far fuori le seconde ed accaparrarsi l’intera gestione del CAAT.

In tutto questo non possiamo dimenticare come la struttura situata all’interno dei mercati generali sia al 90% gestita dal comune di Torino che ha sempre finto di non vedere le palesi irregolarità su cui si basa il lavoro all’interno del Caat. Soltanto oggi, dopo che le proteste dei lavoratori hanno messo sotto gli occhi della stampa quella che è la situazione reale, sembra che qualcosa si muova. Per paura di esserne coinvolti, gli assessori hanno infatti prontamente preso provvedimento contro una decina di cooperative con una grossa percentuale di lavoro nero, obbligandole a pagare una multa di 3.000 euro. La reazione delle cooperative non si è fatta attendere, e subito hanno minacciato di entrare in sciopero, ma alle parole non sono seguiti i fatti.

Il sistema malato delle cooperative non è peculiare del solo Caat torinese, ma è diffuso all’intero comparto della logistica e non solo. Infatti se da un lato, in un settore caratterizzato da forti infiltrazioni mafiose, rappresenta il modo più semplice per riciclare denaro, dall’altro permette di sfruttare la manodopera con meno “fastidi” rispetto a quanto già sia possibile fare per un normale rapporto di lavoro subordinato: infatti le cooperative fanno figurare come soci quelli che sono dipendenti a tutti gli effetti, tentando così di eludere l’applicazione dello Statuto dei lavoratori. Inoltre sono frequenti le cooperative che muoiono all’improvviso per poi rinascere, con altro nome e stessi padroni, il giorno dopo: in questo modo lavoratori che hanno un’anzianità di diversi anni devono ricominciare tutto daccapo.
Non è un caso che proprio il
settore della logistica negli ultimi anni abbia registrato il tasso di conflittualità più elevato, con i facchini di tante grandi aziende (Ikea, Tnt, Dhl, Sda) che si sono ribellati contro lavoro nero, ore non retribuite, straordinari non pagati, ferie e permessi non concessi, violenza fisica e verbale commessa dai capetti delle cooperative che, come veri e propri caporali, scelgono di volta in volta i lavoratori più “docili”, più disponibili a farsi sfruttare, minacciando e lasciando a casa chi alza la testa per chiedere semplicemente condizioni di lavoro appena dignitose.
In questo quadro nazionale i sindacati più rappresentativi del settore, SiCobas e ADLCobas, proclamano per il
16 ottobre una giornata di sciopero dell’intero comparto logistico nazionale. Blocchi e picchetti si realizzano alla Tnt di Napoli, all’Ikea di Piacenza, a Roma, Brescia, Pisa, Bologna, Padova, Milano e in tante altre città.

caat scopero maggioA Torino ci si concentra nella notte tra il 15 e il 16 ottobre all’interporto dove si trova anche il CAAT. Al picchetto, oltre ai lavoratori del sito e ai militanti del SiCobas, si presentano anche tanti altri solidali, lavoratori, precari, studenti che da tempo avevano lanciato per il 16 una giornata di sciopero sociale in cui potessero convergere tutte le figure del lavoro e del non lavoro che sono oggetto dello sfruttamento.

Fin da subito è chiara l’intenzione della polizia di non lasciare spazio ai lavoratori: all’arrivo facchini e solidali si ritrovano uno schieramento di 400 celerini in assetto antisommossa, con tanto di idrante al seguito. Si aspettano gli autobus che portano tutte le notti i facchini a lavoro e poi si comincia con una breve assemblea che ribadisce le ragioni della lotta all’interno del CAAT. Nel frattempo il gruppo si è ingrossato ed ora, forte di 200 persone circa, decide di provare a bloccare la strada di accesso al cancello del mercato. Cominciano le prime scaramucce con la polizia che però non vuole lasciare il minimo spazio alle azioni dei facchini, timorosa che possa ripetersi il blocco completo che riuscì in maniera clamorosa nel maggio scorso. I manifestanti sono così costretti a tornare nel piazzale antistante l’ingresso del CAAT, ma in realtà, anche senza blocco fisico, la strada che porta all’ingresso è quasi vuota: i camion arrivano a singhiozzo perché tanto dentro si sa che non ci saranno facchini a caricare e scaricare (a fine giornata si saprà che l’adesione allo sciopero è stata del 90%!).

Poi all’improvviso la situazione si scalda: quando alcuni lavoratori tentano di bloccare un furgoncino in uscita dal mercato, la polizia carica, provocando la reazione dei manifestanti. Al lancio di alcune pietre seguono prolungate cariche della celere che costringe solidali e facchini ad arretrare. A questo punto è ormai chiaro quale sia l’intento delle forze dell’ordine: provocare ed alimentare una situazione di tensione, forti dei numeri che questa volta hanno deciso di mettere in campo, che innervosisca ed intimorisca il presidio dei lavoratori in sciopero. E’ in questo clima che arriverà, parecchie ore più tardi, la notizia della morte di un facchino colpito da infarto dopo una discussione. Il lavoratore, solidale con la lotta, si accascia improvvisamente mentre i suoi colleghi avvertono subito i carabinieri, lì a pochi metri, di chiamare l’ambulanza. Sono minuti decisivi e l’ambulanza tarda ad arrivare (passerà almeno mezzora). Non vogliamo strumentalizzarla, come fatto da alcune cooperative del CAAT, ma purtroppo questa tragedia è un altro elemento che ci fa capire quanto poco si tenga in conto la vita dei lavoratori. Ci chiediamo: come è possibile che in un luogo in cui lavorano circa mille persone non ci sia un presidio sanitario fisso?

caat sciopero 16 ottSolo dopo qualche ora si saprà la verità: purtroppo il lavoratore è deceduto. I facchini decidono, per rispetto, di sospendere il presidio al cancello. Ma la polizia non è soddisfatta e cerca invece di addossare la colpa dell’accaduto ai manifestanti, anziché dover ammettere le responsabilità nella lentezza dei soccorsi. I manifestanti vengono quindi bloccati sul posto, accerchiati dalla celere, mentre la Digos si appresta a identificare, uno a uno, tutti i presenti, per poi prelevare due testimoni, tant’è che il presidio cercherà di evitare il fermo, vedendosi prelevare ulteriori due solidali. I quattro vengono portati in questura, dove rimarranno per quasi 10 ore durante le quali verranno perquisiti senza possibilità di comunicare con un avvocato, schedati e interrogati. In quest’ultima fase ovviamente le forza dell’ordine tentano di accentuare i dettagli riguardanti il diverbio, dimenticando totalmente il lungo tempo trascorso tra la richiesta di aiuto da parte dei lavoratori e l’effettiva chiamata dei mezzi di soccorso da parte degli ufficiali di polizia lì sul posto.

Ma la lotta al CAAT torinese non si è arrestata quella notte. A continuare lo sciopero sono principalmente i lavoratori delle cooperative favorevoli all’accordo, che sono chiaramente meno ricattabili, ma che chiedono un contratto, quindi delle garanzie, uguali per tutti, indipendentemente dal tipo di cooperativa a cui si appartiene. Oltre a questo si chiede di riconoscere un gruppo di rappresentanti sindacali tra i facchini riconosciuti per tutto il CAAT, in modo da poter controllare anche le cooperative più piccole che non hanno diritto alla rappresentanza. Così sarebbe possibile fare maggiori pressioni agli assessori ed alla dirigenza del CAAT, in modo che siano costretti a sanzionare o sospendere le cooperative con irregolarità.

Anche nelle ultime settimane, succedute allo sciopero del 16, si sono registrate intimidazioni e minacce nei confronti dei facchini che hanno scioperato. Una cooperativa ha tentato di obbligare i lavoratori a firmare un nuovo contratto (ovviamente peggiorativo) entro due giorni, altrimenti sarebbe fallita per mancanza di lavoro. Quando i lavoratori, giustamente poco convinti della cosa (perché col vecchio contratto manca lavoro e col nuovo invece le commesse ci sarebbero?) hanno chiesto la presenza del sindacato durante le trattative, la cooperativa si è tirata indietro ed ha lasciato a casa tutti i lavoratori, senza nemmeno avviare la richiesta di cassa integrazione. Addirittura ad altri facchini sono stati esplicitamente promessi 100 euro in più in busta paga se avessero lasciato il sindacato! La situazione si è poi fatta bollente con la discesa in campo dei grossisti che di fatto gestiscono col loro potere l’intero Caat. Proprio loro, che spesso posseggono molte delle cooperative tramite prestanome, hanno cominciato a minacciare e maltrattare i facchini, che in realtà dipenderebbero solo dalle coop. Questo impegno in prima persona dei grossisti ci fa capire come in questo momento si stia giocando una fase fondamentale della partita: i lavoratori sono determinati ad ottenere almeno condizioni di lavoro dignitose per tutti; i grossisti e le cooperative vogliono eliminare il sindacato ed i facchini più attivi nella lotta per cercare di spaccare il fronte unito dei lavoratori, mentre il Comune fa finta di niente sperando che il fuoco della protesta si spenga e tutti si dimentichino le responsabilità pesanti dell’ente pubblico che gestisce il centro fingendo di non conoscere la situazione di estremo sfruttamento lì presente.

Proprio per combattere questo tentativo, giovedì 22 ottobre un’assemblea tra facchini e solidali ha deciso di proseguire la lotta all’interno del Caat torinese. Nelle prossime settimane partirà una campagna di sostegno ai lavoratori per ottenere la sottoscrizione di un contratto unico per tutte le cooperative attive nel centro e la paga minima di 8 euro all’ora. Per dimostrare che anche a Torino, come già successo in altri poli logistici della penisola, è possibile lottare, e vincere!, contro lo sfruttamento dei lavoratori!

Basta sfruttamento! Basta lavoro nero!

da Colpo – Collettivo Politecnico

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